(seguito della pagina principale)
Della storia della
Grecia prima dell' epoca classica nulla sinora era noto (come del resto
per l'Italia e tutta l'Europa continentale). A differenza del Vicino Oriente,
che già dal 3500 a.C. con l'Egitto ci ha lasciato molte documentazioni
sia di scrittura sia di storia vera e propria, gli unici documenti erano
i manufatti (vasellame,edifici,statue) e le leggende che in epoca storica
si raccontavano. La sola eccezione erano, per la Grecia, i capolavori poetici
l' Iliade e l' Odissea, con cui sembrava effettivamente i moderni potessero
farsi un'idea di quella che era stata la "civiltà" prima dell'avvento
della scrittura.
Negli scavi archeologici
condotti all'inizio del XX sec. (particolarmente a Creta) da A.Evans, però,
vennero scoperte molte tavolette di argilla con iscrizioni che, 50 anni
più tardi, dovevano rivelarsi come trascrizioni di una forma arcaica di
greco, anche se non riferibili direttamente a nessuno dei dialetti classici
(ionico,eolico,etc..con eccezione, forse, dell' arcadico-cipriota).
La precisa datazione di
queste tavolette di argilla è tuttora incerta, anche se il loro stato
(cotte dal fuoco) le fa in ogni caso ritenere redatte in un periodo contemporaneo
o di poco anteriore alla distruzione dei palazzi dove sono state ritrovate.
La datazione comunemente accettata
oscilla tra il 1200 e il 1100 a.C.
Il quadro che queste tavolette
(che riportano la contabilità di palazzo) danno della vita di quel periodo
è non solo conforme ai ritrovamenti archeologici (alto sviluppo organizzativo,
artistico e commerciale), ma conferma indirettamente (anche se solo parzialmente)
le descrizioni che i poemi omerici danno di questi piccoli regni, che si
estendevano al massimo a qualche decina di chilometri dalla capitale e
su cui "regnava" un (w)anax con caratteristiche e privilegi simili a quelli
dei re di cui parla Omero.
Le notizie che questi documenti
danno sono troppo limitate nel tempo (al massimo 2 anni contabili, non essendo stata effettuata ancora la previsione di bilancio, di cui esistono riferimenti sicuri, per l'anno seguente, atero weto) e senza
alcuna notizia diretta di natura storica: testimoniano solo che in quel
periodo effettivamente quella civiltà ebbe termine, perché non sono stati
trovati documenti simili posteriori.
Da altre fonti di altra
natura e altra provenienza possiamo dedurre che la Grecia in quel secolo
venne colpita da tre diverse calamità:
-Una devastante serie di
terremoti (testimoniati dallo stato di alcune rovine e anche, sembra, da
prove geologiche)
-Ripetute invasioni e saccheggi
dei Popoli del Mare (citati nella storia egizia e nella Bibbia)
-La calata dal nord dei Dori,
una stirpe affine ai Micenei (sicuramente per la lingua, meno sicuramente
per razza), storicamente gli antenati degli Spartani.
La successione o la ripetizione
dei fatti restano però nell' incertezza
Di questi avvenimenti, solo
uno, la calata dei Dori, persisteva nel ricordo della Grecia classica,
legato alla leggenda del ritorno degli Eraclidi, al Mito di Ercole, e alla
tradizione di Atene che si vantava di avere allontanato e sconfitto gli
invasori.
Nessuna eco invece in Omero
dei tre fatti! Forse le avventure e i vagabondaggi di Ulisse rispecchiano
questo periodo di pirateria selvaggia che provocò e seguì la caduta di
molte civiltà, non solo quella micenea, in tutto il Mediterraneo Orientale,
ma non vi sono nell'Odissea cenno alcuno dei grandi imperi orientali, a parte l' Egitto (in frasi di sapore proverbiale: le "cento porte di Tebe", Iliade IX,383), con cui sappiamo i Micenei intrattenevano rapporti commerciali e politici.
La domanda è: perché Omero
ignora quei 3 fatti storici, mentre è quasi un testimone oculare di situazioni
belliche e oggetti: descrive esattamente un elmo con i denti di cinghiale
come è stato ritrovato a Micene; carri, armi, corazze, mobili e oggetti di uso quotidiano sembrano corrispondere esattamente a quelli citati nelle tavolette in Lineare B; parla di Micene ricca di oro (polychrysos,Il.VII,180). Sono particolari che avrebbero "abbacinato" i primi archeologi che indagavano sulle scoperte dell' epoca micenea. Nei versi dell Iliade IV,509
"...,che non è pietra
la loro pelle, né acciaio (sideros) da reggere al bronzo tagliente quando
sono colpiti." , il poeta esprime una situazione di passaggio: il ferro è conosciuto come metallo di qualità
superiore, ma non è applicato per la costruzione di armi (però in Iliade
VII,474 è adoperato come moneta,vedi inoltre nota).
La città (Micene) è detta dalle "larghe strade" [euruaguia, Il.IV,52],
ma il poeta non pare avere conoscenza delle grandiose tombe a 'tholos' e, ancora più stranamente, non parla della Porta dei Leoni, che, costruita nel XIV sec. a.C., viene citata anche da autori di epoca classica e che sicuramente avrebbe dovuto costituire un elemento caratterizzante la città.
Sembra quasi che la sua
poesia lo costringa ad una visione particolarmente limitata degli avvenimenti e
lo renda cieco (!!) a certi altri.
Quando si dice "Omero ha visto.." si tratta di una metafora: è molto probabile che Omero non abbia dovuto viaggiare molto. Se poi si trovava in Asia Minore, sicuramente lui personalmente non avrà mai visitato la Grecia: erano i racconti della tradizione oppure di marinai potenziali testimoni di situazioni geografiche che gli fornivano quell' insieme di "notizie" da cui scegliere o meno certi argomenti. Tuttavia è anche possibile che in epoca micenea alcuni scribi siano stati "itineranti", all'interno dello spazio culturale della civiltà palaziale (Atene, Micene, Pilo, Creta). Solo così si spiegherebbe la grande uniformità della lingua delle tavolette micenee. A quei tempi si viaggiava solo per commercio, guerra oppure per grandi migrazioni collettive..!
Recenti studi (vedi più avanti su questa pagina nella nota Iliade) hanno ipotizzato per questa "ignoranza" di Omero la possibilità che, al momento della composizione di alcune parti dei poemi omerici, certi avvenimenti non fossero ancora accaduti (vedi per esempio la conquista dell' Asia Minore dal 1050 a.C. in poi).
Più in generale si potrebbe dire che colui che ha scritto l'Iliade nella sua ultima stesura dimostra un amore quasi scientifico, da "archeologo" oserei dire, per la citazione storica: in diverse parti del libro (vedi esempi nelle altre pagine del Sito) ci sono riferimenti ad un remoto (o forse anche recente) passato che solo in parte potrebbero essere spiegati con una tendenza "arcaizzante" del poeta: il problema è, per chi vuole utilizzare i poemi omerici come fece Schliemann nella sua ricerca, che la poesia sfuma e rende incerti quasi tutti i riferimenti che potrebbero servire da "marcatore" temporale. Alcune lettere degli archivi regali ittiti sono indirizzate rispettivamente a Priamu e a Alaksandu (in Omero Alexandros e' un altro nome di Paride) re di Wilusa (Ilio in ittita), mentre è provata l'arcaicità della versione "italica" di certi nomi propri come per esempio Odysseus/Ulysses.
In definitiva durante
tutta la narrazione (dell'Iliade) lo sforzo maggiore del poeta sembra essere
una giustificazione del comportamento di ambo le parti, in quanto imposto
dalla volontà o il capriccio degli Dei. Che scopo avrebbe avuto per un
Greco tutta questa "equiparazione" di due razze, la "anatolica" e la greca,
che poi così affini non erano ?
O forse piuttosto questa
Guerra di Troia di Omero non maschererebbe
la descrizione di un conflitto "interno" e l'intera opera un avvio di una
possibile riconciliazione, quasi un tentativo politico? Ma spingendo le
ipotesi ancora piu' avanti: se non fosse Troia la città reale di cui parla
Omero, potrebbe forse trattarsi di una qualsiasi delle tante città assediate e distrutte dai Dori nel corso della loro avanzata o da qualche altro popolo? Personalmente sono portato a pensare che la simpatia di Omero (che la tradizione diceva nato in Asia Minore) verso i Troiani sia dovuta ad una sorta di "solidarietà anatolica"!
Molte delle caratteristiche
linguistiche della lingua greca parlata dalla civiltà micenea rimasero
del tutto sconosciute alle generazioni che vennero dopo e si può con sicurezza
affermare che l'invasione dorica equivalse a un genocidio perlomeno culturale. Per molto tempo
le zone che erano state abitate dai micenei risultano all' analisi archeologica
in uno stato di impoverimento e abbandono e sicuramente non poté la popolazione
dorica (poi spartana) , che aveva in parte sostituito la micenea, uccisa o emigrata in altre regioni, assumere il
ruolo che la prima aveva avuto, anche se vi sono prove che ancora per circa
cento anni, una produzione artistica con "stile miceneo" era conosciuta
nel Mediterraneo.
Secondo alcuni storici e commentatori moderni (Latacz) le conseguenze di queste catastrofi non sarebbero state in nessun modo determinanti per lo sviluppo della Grecia (a parte l'invasione dorica del Peloponneso) : le classi dirigenti micenee, in specialmodo la nobiltà, con una parte della popolazione, si sarebbero trasferite ad Atene, nell' Eubea e a Cipro, dove avrebbero continuato lo stile di vita precedente, ponendo addirittura le basi per il Rinascimento ionico dell' VIII secolo a.C. La cittadina di Lefkandi, nell' Eubea, anche se apparentemente priva delle caratteristiche della cultura e sopratutto dell' amministrazione micenea, sembra aver goduto di un periodo di relativa floridezza dopo il 1000 a.C., e anche di qualche contatto con l' Egitto.
Ancora una possibile
causa per il crollo della civiltà micenea (anche se attualmente riggettata
dalla maggior parte degli studiosi),o meglio una concausa, data la sicurezza
degli altri avvenimenti, potrebbe essere stato lo scoppio di rivolte sociali:
una società cosi' bene organizzata, e con un così elevato livello di produzione (regolata minuziosamente nei vari passaggi di lavorazione con "documenti di accompagnamento" in tutto simili alle nostre odierne "bolle di accompagnamento"),
di traffici commerciali (oggetti micenei si trovano un po' in tutto il
Mediterraneo e anche oltre), di benessere delle classi più elevate, presupponeva
uno sfruttamento delle classi più basse.
E' certa l' esistenza di
schiavi (ma forse alcuni godevano di una posizione privilegiata) così come quella di lavoratori stabilmente impegnati nelle produzioni
più diverse. Si è individuata una forma apparentemente non retribuita di lavoro, la "tarasia" (cf. latino pensum), cui sembra venissero chiamati in diverse occasioni gli artigiani. E qui forse che più fortemente il quadro omerico di una
società patriarcale, si allontanerebbe dalla realtà micenea: il Palazzo
del wanax è, secondo un sistema medio-orientale (cf. Ebla),
centro non solo dell' autorità politica e religiosa, ma anche il punto
in cui convergono tutte le attività economiche e, in parte, anche
industriali. (Vedi, a proposito delle rivolte, l'episodio di Tersite in Iliade, II 212 e segg., che, indipendentemente dalla sua collocazione temporale, micenea o storica, è un chiaro indizio di conflitti sociali). Tuttavia il lavoro delle donne in Omero, espresso in archetipi dalla vita delle donne della nobiltà, fino all'esempio limite di Penelope, indica che esso costituiva una delle basi fondamentali dell' economia: anche Elena, nonostante la sua situazione di amante di Paride, se non è impegnata in compiti di "rappresentanza", lavora sempre con le ancelle. 750 donne con indicazione della loro provenienza (Asia minore) vengono citate nelle tavolette di Pilo delle Serie Ab e Ad come destinatarie di razioni di fichi e granaglie per un mese e, separatamente, i loro figli con razioni dimezzate, mentre secondo Omero (vedi il passo citato nel riferimento Tersite in questa pagina) le operaie dovevano dividere le loro misere razioni con i figli. E qui si pone una grande domanda che però riguarda i poemi omerici in generale: quanto sapeva Omero del suo presente, quanto del passato ma, sopratutto, e per quale motivo, cosa tralasciava di raccontare, o addirittura falsava.. (pur tenendo conto di eventuali cosidette "libertà poetiche") ? O forse sono i dati delle tavolette inaffidabili ?. Dare a Omero la qualifica di "agitatore" o "comunista" mi sembra impossibile anche se i Greci nelle epoche seguenti resteranno sempre sensibili all' argomento "Lavoro".
Con questi dubbi sulla genesi dei poemi si potrebbe anche pensare che la vera spedizione
punitiva (se di questo si trattò) non fosse stata dei Greci contro gli Anatolici
(Troiani), ma esattamente l'opposto: popolazioni desiderose di vendicarsi
delle razzie di donne compiute da Micenei (o forse anche comprate da pirati del posto, vedi la pagina Nobili, notabili...)in Asia Minore per procurarsi
schiave (in una tavoletta si parla esplicitamente di donne di Mileto, di Cnido, da Assuwa ): una conveniente (e molto ricercata per l'industria tessile !) forza lavoro per uno stato che necessitava di sempre più ricchezze.
L'unica ragione, penso, per i travisamenti e le omissioni di Omero potrebbe risiedere nella volontà dei suoi ascoltatori, i Greci del X e IX secolo, di dimenticare la realtà feudale e oppressiva dell' epoca micenea: solo gli eroi e gli oggetti sono importanti. Forse già in questo periodo che la storiografia non a caso chiama "oscuro" si stanno delineando la libertà, la democrazia delle poleis. Probabilmente la "perfezione" contabile degli amministratori era andata in molti casi al di là delle effettive necessità e possibilità del popolo tutto (non mancano sulle tavolette annotazioni come "o" = "ophelos" = ammanco, deficit e "oudidonsi" = "non consegnano" e alcuni studiosi hanno pensato addirittura ad una "legge fiscale" che fissava le proporzioni dei beni con cui dovevano essere fatte le forniture al palazzo forse commisurate alla potenzialitą produttiva del villaggio) e l'antipatia per la scrittura, il mezzo con cui queste imposizioni venivano gestite, era una logica conseguenza, anche per i ceti piu' alti. Oltretutto che bisogno c'era di scrittura per la messagistica e la storia quando l' esercizio mnemonico e la poesia potevano apparentemente costituire un valido sostituto!
Siti con riferimenti diretti
alla "Questione Omerica", alla Guerra di Troia e alla Storia dell' Anatolia
e del Levante in generale, ve ne sono diversi. Cito quelli da me più visitati:
Lezioni
sulla Preistoria dell' Egeo (in inglese), di J.B. Rutter
What is Archaeology ? del Dr. A. Vianello.
Sito
ufficiale della Campagna di Scavi del Prof. M.Korfmann a Hissarlik/Troia
Istituto
Orientale di Chicago (ABZU)
Crane,
Gregory R. (ed) The Perseus Project Gennaio 1999
Hatti
en France sugli Ittiti (con una versione inglese)
ANCIENT
ECONOMIES by Silver Morris
Hellenic
Ministry of Culture/Ministero Ellenico per la Cultura
Archnet-WWW Virtual Library-Archaeology
Molto utile per conoscere la disponibilità di opere italiane e non sul mercato librario i Siti:
Libreria Archeologica e
libreriauniversitaria.it
________
Per ricerche sull' argomento si puo' consultare il sito di Yahoo: Search Options che puo' dare risultati veloci e interessanti...
Si consiglia di cercare le opere adoperando le forme greche
o latine (event. inglesi) dei nomi storici e geografici (per esempio Hannibal,
Athens, Kypros/Cyper, etc..) invece dei nomi italiani (Annibale,
Atene, Cipro, etc.),altrimenti verrebbero visualizzate solo opere
di autori italiani, ossia dove compare la forma italiana dei nomi.
Comunque si possono fare vari tentativi con forme differenti..Anche scrivere solo la parte di un nome aiuta nella ricerca: Athen vale per Athenae, Athenaeus, Athenagoras, eccetera
__________
Di grande interesse per approfondire
il mondo di Omero e il suo concetto di Giustizia, la Serie di Discussioni
telematiche
dell' Universita' di Harvard
tenute fino a Maggio del 1998, anche se purtroppo accessibili solo nella
parte informativa (le Discussioni vere e proprie sono protette da password
!) Homer's
Poetic Justice , sviluppate e condotte dal Prof. G. Nagy e dai
suoi assistenti.
Ritorna
alla pagina iniziale
L' Iliade di Omero,
traduzione di R. Calzecchi Onesti, Ed. Einaudi.
La musica (Quadri di un
Esposizione di Mussorgsky) è un libero arrangiamento di un brano di R.Finley.
L'Iliade e l' Odissea.
Si può con certezza affermare che l' Iliade e l' Odissea siano stati, a partire dall' VIII secolo a.C., per i Greci, il poema nazionale, come per gli italiani la Divina Commedia o per i francesi la Chanson de Roland: in questi due poemi essi vedevano riflessa la loro unità etnica e l' inizio della cultura greca. Si puo' affermare anche che questi poemi avessero un valore religioso, mostrando il comportamento degli Dei nei confronti degli umani e tra di loro. La storia dell' Iliade sarebbe
dunque stata questa:
messa insieme da Omero (o
chi per lui) tra il IX e l'VIII secolo a.C. (data generalmente accettata
per la lingua in cui è scritta), sulla base di una più antica raccolta
di poemi di probabili testimoni oculari, tramandati oralmente, a memoria . Poemi che però originariamente dovevano descrivere fatti
avvenuti in posti diversi da Troia. E il poeta è cosciente di questa "trasposizione"
e la "coltiva" per portare avanti un "discorso" anti-dorico o meglio già
anti-spartano o addirittura per far intravedere una pace e un accordo
tra le comunità..Nell' Iliade si porrebbero le basi della contrapposizione
storica tra gli Spartani e il resto della Grecia, in specialmodo Atene,
rappresentante di quello stesso mondo, a modo suo, raffinato e frivolo, sconfitto prima
nella realtà e in seguito nella poesia, ma moralmente, umanamente
vincitore. Si potrebbe considerare Omero, per questa sua partecipazione
e difesa del mondo degli 'sconfitti' il primo dei grandi Romantici della
Letteratura occidentale oltre che il primo poeta in assoluto, anche se nella antichità gli scrittori e i filosofi
facevano riferimento alle sue opere quasi come ad una Enciclopedia infallibile: ipse dixit, l'ha detto Omero!
J.Chadwick, nel suo libro
"Il mondo miceneo", scrive anche della possibilità che la tradizione dei
poemi "omerici" risalga ad un periodo antecedente il crollo della civiltà
micenea: ad un periodo quindi in cui gli elementi "non-greci" erano ancora
predominanti: per quanto riguarda l' Odissea quindi il periodo in cui,
intorno al 2000 a.C., i primi Greci cercavano ancora una terra in cui insediarsi.
Si può pensare che la frase con cui G.B.Vico (filosofo e storico napoletano del XVIII sec.) giudicava i poemi omerici come "per più mani e più età lavorati e condotti" sia fondamentalmente esatta: i personaggi, gli eroi, rappresenterebbero il nucleo più antico, mentre il mobilio, le armi e altri oggetti di uso quotidiano sarebbero presi dalla realtà micenea del XII sec. a.C.. Lo sfondo sociale resterebbe indeterminato, ma legato comunque ad un momento di povertà e la guerra di Troia un adattamento poetico di una delle tante scorribande piratesche degli Achei. I rimaneggiamenti dei diversi cantori e poeti avrebbero potuto creare questa ambiguità e inaffidabilità della versione che noi possediamo senza incolpare "Omero", fino all' ultima "riorganizzazione" di epoca alessandrina (III sec a.C.).
Resta comunque difficile pensare ad una coalizione di regni achei, già colpiti alla fine del XIII sec. da diverse calamità, preoccupati di distruggere una città, Troia, probabilmente in difficoltà per le medesime cause. A confermare l' estraneità dei Greci a questa distruzione sarebbe, oltre la circostanza che proprio lo strato di rovine della Troia "omerica" debbano l'origine dei danni ad un terremoto e non ad azioni belliche, anche la comparsa a Troia, in Grecia e in Italia meridionale, contemporaneamente allo stile Tardo Elladico IIIC, di un vasellame piu' rozzo (cosiddetto "coarse ware") lontano dalla tradizione mediterranea e attribuibile, secondo alcuni studiosi (vedi più sopra il Link alle pagine di J.B.Rutter) a popolazioni provenienti dall' area danubiana. E' anche difficile collegare questo fenomeno alle invasioni dei Popoli del Mare. La guerra di Troia stessa, con lo spostamento di più di 100.000 uomini (è il numero che risulta dal "Catalogo delle navi" dell' Iliade) sulle sponde dell' Anatolia, avrebbe contribuito all' impoverimento della Grecia continentale e del Peloponneso.
La recente scoperta nella
campagna di scavi del Prof.M.Korfmann ( 2005) a Troia, città dallo stile anatolico, di un sigillo con un' iscrizione
luvia in caratteri ittiti, e la mancanza di documenti in greco di quell'
epoca, porrebbero in effetti Troia nell' ambito culturale ittita (come
stato vassallo), ma le stesse campagne di scavo confermerebbero la città del XII sec a.C. (Troia VI)
come il campo di battaglia descritto da Omero, che quindi avrebbe visto
di persona, tre o quattro secoli più tardi, perlomeno le rovine, sicuramente
in uno stato migliore di quello odierno, tanto da poter intesservi le azioni
dell' Iliade. E l'ambientazione, il "vocabolario" miceneo, sarebbe appunto
da attribuirsi a sconosciuti cantori che, loro sì, avrebbero frequentato
le corti ancora fiorenti del Peloponneso del XIV e XIII secolo avanti Cristo. Secondo alcuni studiosi (Latacz et al.) delle irregolarità nella metrica di alcuni versi di Omero, farebbero pensare ad una nascita della "cornice" di avvenimenti (e di personaggi) che trattano di una città assediata addirittura in epoca micenea (XVI-XV sec a.C.), specialmente in relazione alle famose formule fisse. La conferma di un origine micenea perlomeno di una parte dell' Iliade verrebbe dalla citazione nel Catalogo delle navi del II Libro di localita' (Eleone, Ileo, Peteone ed Eutresi) che, inesistenti in epoca classica già secondo Strabone, appaiono invece in documenti in Lineare B del XIII secolo a.C. (tavoletta da Tebe TH Ft 140 ). Ed è interessante la considerazione di Latacz che proprio il Catalogo delle navi potrebbe rispecchiare (se ho inteso bene il testo tedesco) una Lista "burocratica", amministrativa dell' epoca micenea.
Delle differenze tra la struttura sociale nei Poemi omerici e la reale vita micenea che traspare dai testi in Lineare B si parla con più particolari nella pagina Cariche. ma possiamo dire che, se è vero che questi poemi almeno in parte, risalgono all'epoca micenea, essi dovevano rappresentare nell'immaginario popolare l'ideale della condotta politica e militare, nel bene e nel male. Forse un rifugio fantastico da una realtà più povera e triste. L' Odissea, con il racconto dell' "occupazione" da parte dei Proci del Palazzo di Ulisse, potrebbe, insieme all' apparizione della coarse ware, simbolicamente rappresentare un periodo della storia greca di sottomissione a popolazioni straniere e spiegare, almeno in parte, certe ambiguità e reticenze di Omero, quasi una vergogna del poeta verso la storia di quegli anni ! (però leggi anche le mie note alla pagina Nobili, notabili e pirati ! Anche se il motivo occasionale della composizione dei due Poemi fu una lotta nel IX sec a.C. tra Dori e Ioni per alcune isole dell'Egeo, è sicuro che essi rappresentano una "cronaca" romanzata (ma non tanto: vedi nota romanzata in fondo alla pagina) dei fatti avvenuti nel XII secolo con protagonisti i famosi Popoli del Mare di cui gli Achei facevano parte e sarebbero l'unico documento storico greco, tramandato in forma orale, prima dell'acquisizione della scrittura alfabetica).
Diversi studi hanno messo in relazione il Ciclo della Guerra di Troia con le, quasi contemporanee per avvenimenti e composizione, narrazioni del Mahabharata, poema nazionale indiano, facendo riferimento anche alla comune Teogonia (nascita degli Dei) dei due Poemi e confermando la frase degli antichi scrittori secondo cui Omero avrebbe donato la religione ai Greci.
..ritorna
all'introduzione
Nota
Il ferro, forse ancora di origine meteorica, era conosciuto
già prima della cosiddetta Eta' del Ferro (inizio: circa l' XI sec. a.C.) e impiegato come metallo ornamentale, ma il bronzo venne considerato ancora per molti secoli il materiale per
eccellenza per le armi da taglio; il ferro era oltretutto raro e di difficile
produzione (il 'faticoso' ferro). Nell' Iliade il metallo delle armi è sempre il bronzo: una sola volta (mi pare) la parola "ferro" è adoperata come sinonimo di "arma". Ciononstante Omero appare a me molto
'tecnico' e poco 'poetico' in questi suoi commenti, di cui non capisco
la ragione: forse che altri popoli già ne facevano uso abitudinariamete,
a differenza dei Greci? Una, seppur inconscia, paura di inferiorità nei
confronti di nemici possibili e reali?
..ritorna
all' introduzione
"perfezione contabile.."
Quando si parla di perfezione contabile in questo caso si fa riferimento prima di tutto all'esattezza di operazione aritmetiche anche complesse (frazioni, proporzioni..) e alla meticolosità dei riporti delle singole voci. I documenti però sono (con qualche interessante eccezione) non datati: erano raccolti insieme per "argomento" in canestri di vimini o cassette di legno. Era affidato all'abilità e alla memoria dell'impiegato districarsi nella mole di dati e ricordare le "scadenze"!
..ritorna
all' introduzione
romanzata..: considerato che gli archivi regali ittiti hanno confermato la storicità dei nomi dei re troiani Priamo ed Alessandro (Paride) è probabile che anche i nomi degli eroi greci abbiano una realtà storica, anche se i documenti finora rinvenuti non fanno alcun cenno dei condottieri sul campo. L'apparire di un nome greco (Alexandros = "protettore del popolo") in una famiglia anatolica secondo gli studiosi non dovrebbe stupire: le case regnanti del Mediterraneo mantenevano rapporti di amicizia suggellandoli con matrimoni incrociati: è possibile che alla fine dell' Età del Bronzo la Dinastia di Troia si sia unita a una Dinastia greca. Facendo correre un poco la fantasia su questo tema allora Paride, cercando una "sposa" greca avrebbe semplicemente desiderato ritornare nell'ambito culturale acheo. Mi fermo qui ma l'argomento potrebbe essere sviluppato e ampliato con dei paralleli mediorientali..La sfacciataggine di Paride che ruba la sposa ad un Principe acheo con cui stringe alleanza resta sempre un qualcosa di inusitato per un epoca così arcaica..! Questo Alaksandu era stato aiutato, per non meglio specificati motivi, dal re ittita Muwattalli nel XIII secolo a.C., secondo i documenti regali ittiti. Considerando il modo di Omero di sfruttare le situazioni storiche con un continuo "dico e non dico" potrebbe essere che in realtà il ratto di Elena sia stato solo un fraintendimento tra un Principe che cercava una sposa di stirpe greca e gli Achei che aspettavano solo l'occasione per intervenire in Asia Minore, facendo passare una richiesta di nozze per un rapimento vero e proprio. Forse il momento (Iliade VI, 321) in cui Ettore tratta Paride da "smidollato" e disfattista perchè nel pieno della battaglia siede tranquillo sul letto nella sua stanza insieme ad Elena a pulire le armi, tradisce una situazione di incertezza nell'atteggiamento del "vero" principe troiano, se, come appare, era mezzo greco e praticamente sposato ad una donna greca (l' Elena della leggenda).
|